Edizioni Goliardiche
Kronprinz Rudolph.Addio all'Impero
casa editrice: Edizioni Goliardiche
categoria: storia
autore: Romana De Carli Szabados
pagine: 99
formato: 15x21
prezzo: 12,50 €
edizione: 2012
codice ISBN: 978-88-7873-073-1
Descrizione
Romana de Carli Szabados affronta la figura di Rodolfo d'Asburgo, la sua tormentata vita e la sua drammatica morte. Il volume, pubblicato in occasione dei 150 anni dalla nascita del figlio di Francesco Giuseppe e Sissi e dei 90 anni dalla dissoluzione dell'Impero austroungarico, propone una ricostruzione storico-psicologica dell'ultimo principe ereditario di casa Asburgo ed offre un'ampia panoramica sulle molteplici tesi sviluppate dagli storici attorno agli eventi susseguitisi nei suoi ultimi mesi di vita ed alle cause che lo portarono a suicidarsi assieme all'amante Maria Vetsera.
Presentazione del critico
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Il crepuscolo degli dei che coincise con la fine dell’Impero austro-ungarico al termine della prima guerra mondiale continua ad essere oggetto di interpretazioni storiografiche suggestive, talvolta in chiave romantica, ma pur sempre “attuali”, secondo la lucida concezione di Friedrich Meinecke, il massimo storico tedesco del Novecento, per molti aspetti simile a quella di Benedetto Croce, secondo cui non è possibile prescindere da giudizi “contemporanei”.
\Questa nuova opera di Romana de Carli Szabados, esule istriana particolarmente attenta alle vicende di Francesco Giuseppe e della sua Corte, non fa eccezione: l’Autrice, muovendo dal dramma di Mayerling, ma anche dalla tragica fine di Elisabetta e di Francesco Ferdinando, per non dire di quella di Massimiliano, si chiede quale sconvolgente disegno sia stato perseguito da una Nemesi capace di distruggere, con l’Impero ed i suoi protagonisti, un modello antico di organizzazione statuale, e le sue lontane radici, tramite Carlo Magno, nella stessa “sacralità” di Roma.
\La storia non si può interpretare sulla base di ipotesi, ma la fine degli Imperi centrali è stata determinante per quanto sarebbe accaduto nel Novecento, non solo in Europa: l’avvento del nazionalsocialismo, la scomparsa dell’Austria nell’Anschluss, il nuovo e non meno tragico “Goetterdammerung”, ed infine, le drammatiche esperienze della cortina di ferro e del Muro, sono pagine dalle matrici complesse, in cui trova spazio significativo la dissoluzione definitiva di quel sistema di equilibri, ed a suo modo, di “valori” controrivoluzionari che aveva preso le mosse dalla Santa Alleanza e si era confrontato aspramente col principio di nazionalità, senza comprenderne le motivazioni, gli auspici, ed in qualche misura, le utopie.
\Il principe di Metternich, con un aforisma rimasto famoso, ebbe a dire che l’Italia è un’espressione geografica, ma la Nemesi avrebbe colpito anche questa definizione, al di là di taluni fattori che, ahinoi, la rendono tuttora attuale: l’Impero era una giustapposizione di troppe realtà politicamente, culturalmente ed etnicamente divergenti, e non poteva garantire, se non col declinante prestigio del suo trono, la coesistenza di austriaci e magiari, tedeschi e boemi, italiani e croati, bosniaci e rumeni, e via dicendo.
\I colpi di pistola di Mayerling, a cui Romana de Carli Szabados dedica attenzioni approfondite anche dal punto di vista psicologico, acquistano, in questa ottica, il valore di un tragico simbolo, ed inquadrano il dramma di Rodolfo nel distacco irreparabile dal padre, l’Imperatore Francesco Giuseppe, persino sul piano delle opzioni politiche di base, evolvendo verso improbabili simpatie rivoluzionarie. Del resto, la stessa Elisabetta, prima di cadere vittima del pugnale anarchico di Luccheni, aveva manifestato simpatie spiccate per l’autonomismo ungherese, fin quasi al punto di un non-ritorno indipendentista.
\L’Autrice accenna in modo fuggevole all’ipotesi adombrata da alcuni storici, secondo cui Rodolfo e la giovane amante Maria Vetzera sarebbero stati “suicidati”, rilevandone la sostanziale improponibilità, alla luce di quanto accadde prima e dopo il dramma, ma non trascura di porre in evidenza come il principe ereditario si sia trovato in una sorta di tunnel senza uscita, costretto dai doveri istituzionali e dall’insofferenza per un sistema anacronistico a trovare la soluzione dei suoi problemi etico-politici e personali in una sorta di “beau geste” che in effetti ebbe eco immensa, e conseguenze traumatiche nello stesso “Volksgeist” popolare. In questo senso, si può convenire sul fatto che Mayerling, ben più della fucilazione di Massimiliano a Queretaro, costituisca una svolta decisiva nella storia asburgica, ed in qualche misura, un’accelerazione molto significativa della sua parabola discendente.
\Non è inutile rammentare che, in quello stesso 1889, un Martire italiano, Guglielmo Oberdan, non avrebbe esitato a “gettare” la sua giovane vita sulle forche dell’Austria, dopo un processo alle intenzioni simile a quelli che qualche decennio più tardi avrebbero caratterizzato la giustizia delle “democrazie popolari”. Come dimostra la storia del Risorgimento italiano, Oberdan non fu la prima Vittima dell’impiccatore, ma non sarebbe stata nemmeno l’ultima: si pensi al sacrificio di Eroi come Cesare Battisti, Fabio Filzi e Nazario Sauro, per non dire dei “figli di Santa Gorizia” Emilio Cravos e Giovanni Maniacco e di tutti gli altri per cui si può affermare, sulle orme dell’antico patriota, che “sanctus amor patriae dat animum”.
\La beatificazione di Carlo, l’ultimo Imperatore, ha costituito un momento importante nel giudizio globale sulla sua grande Casa, non tanto sul piano di improbabili rivalutazioni storiografiche, quanto su quello di una vicenda umana che diventa occasione di riscatto non soltanto personale, e consente di condividere talune interpretazioni “romantiche” dell’Autrice, se non altro alla stregua di una “contemporaneità” etico-politica dell’oggi, non certo commendevole.
\Al pari delle precedenti, questa nuova opera di Romana de Carli Szabados, arricchita da un’interessante documentazione iconografica dell’epoca, si legge d’un fiato, perché unisce al fascino di una rievocazione densa di particolari talvolta poco noti, il rigore di un approccio metodologico documentato ed oggettivo; e prima ancora, perché inserisce in una pagina di grande storia come la crisi e la caduta dell’Impero austro-ungarico la consapevolezza di un futuro che non sarebbe stato migliore, tanto da far quasi idealizzare tutto ciò che quel mondo fiabesco, ma nello stesso tempo formalmente inappuntabile, aveva elevato, in molti ambienti, a suggestivo modello di riferimento, e più tardi, di sottile rimpianto.
\Il libro di Romana de Carli Szabados ci racconta, con dovizia di particolari, il percorso che condusse un principe che non seppe - o non volle - essere un imperatore, alla tragica conclusione della sua esistenza che sappiamo. Un destino simile a quello che attendeva lo stesso impero danubiano, suicidatosi nell’ottobre del 1918.
\Enrico Mazzoli
\Romana De Carli ci fa entrare nel centro del potere unificante dell’Austria, in quel ristretto ambiente dalla raffinata etichetta che era la corte absburgica, facendo rivivere soprattutto da un punto di vista umano i personaggi che interpretavano da protagonisti i più importanti ruoli dell’Austria imperiale.
\La storia può essere letta solamente come cronaca di fatti, come intreccio di vicende politiche o come contorno della vita privata dei personaggi significativi di un’epoca. Rigettando la cronaca dei fatti come arida lettura scolastica che nulla esprime sulle ragioni delle vicende e sulla natura dei protagonisti e senza dipanare la complicata e difficile visione politica globale del periodo storico, l’Autrice, sul filo del sogno della tradizione popolare che vedeva nell’imperatore, negli arciduchi e nelle arciduchesse la guida morale e spirituale del paese, si impegna a raccontare i personaggi di una corte che voleva apparire in tutti i suoi risvolti leggendaria e da questa mitica aureola traeva la forza.
\Il libro è aperto ad ogni ipotesi sui fatti accaduti, riportando tantissime testimonianze, ma il mormorio dei movimenti politici rivoluzionari che bisognava ridurre al silenzio, l’accurata preparazione, la segretezza e il contesto del duplice suicidio avvalorano la tesi che la tragedia di Mayerling non si può leggere né come una banale conclusione di una passione impossibile, né come il semplice atto di assurda esaltazione di un uomo devastato dai vizi e dalla malattia mentale.
\Enrico Fraulini